Capricci del vento

 

Giorgio Rizzi
Pubblicato su "Como e dintorni" n. 59 - ottobre 2008



Correva l’anno 1987 quando qualcuno che conosceva la mia passione per tutto cio’ che vola mi regalo’ un aquilone acrobatico, di quelli che si pilotano tramite due o piu’ cavi e che sono in grado di disegnare mille ghirigori nel cielo.
Allora questi “kites” non erano ancora diffusi dalle nostre parti e per procurarsene uno, in assenza degli odierni internet shops, bisognava andare negli States, in Scandinavia, o sulle spiagge del nord della Francia.
Il salto sulla sedia che mi fece fare un simile dono fu presto mortificato da una considerazione obiettiva: nella nostra Como, la presenza di un vento sufficiente a librare in volo una simile belva era in quegli anni limitato a qualche giorno invernale, quando le potenti perturbazioni del nord Europa riuscivano a fare scollinare robuste masse d’aria dal fronte alpino e riversarle fino a noi, per dare origine al favonio, o foehn, che i nostri vecchi chiamavano “ul vent di tri di’”, visto che in genere la differenza di pressione atmosferica tra lato sud e lato nord delle Alpi era tale da richiedere circa tre giorni di vento teso per riequilibrare il tutto.
Purtroppo eravamo in primavera avanzata e di vento non se ne parlava proprio, cosi’ il week end successivo presi l’automobile e gironzolai per lago e per valli, fino a che, nientemeno che dalle parti di Chiavenna, trovai un refolo di vento proveniente dal vicino Passo dello Spluga sufficientemente robusto da consentirmi di collaudare il mio nuovo gioiello.
Quel pomeriggio ne feci una pelle con l’aquilone, grazie a cio’ che i chiavennaschi chiamano “ventone”, che talvolta soffia in quella valle fino a tarda primavera, con raffiche sostenute che possono raggiungere i trenta nodi.
Le cose sono profondamente cambiate da allora e se un simile dono mi fosse offerto oggi, dovrei aspettare solo qualche giorno per mandarlo in cielo: il vento da nord e’ oggi una presenza evidente nella nostra citta’, con una cadenza quasi settimanale e, se da un lato rappresenta la gioia degli amanti degli sport lacustri, quali la vela, il windsurf o il piu’ moderno kite-surf, d’altro canto manda in bestia il sottoscritto, sempre in attesa di giornate di aria calmissima che consentano di andarmene in volo tranquillo sopra le Alpi con i miei aeroplanini grandi tre spanne o poco piu’.
Tutti gli specchi d’acqua di una certa dimensione sono caratterizzati da un regime di venti costanti ed il lago di Como non fa eccezione; il Tivano e la Breva rappresentano infatti l’alternanza delle masse d’aria che si muovono sopra le acque del Lario.
Quando cala il sole, l’aria che lambisce le pendici dei monti si raffredda piu’ rapidamente dell’acqua del lago, si condensa e diventa piu’ pesante, cominciando quindi a scivolare verso il basso.
Dalle montagne della Valtellina e dell’alto lago nasce cosi’ il Tivano, che spira nelle prime ore del mattino e che nel suo viaggio verso sud prende vigore, grazie a tutti i rivoli d’aria che si riversano dalle valli laterali, come un robusto fiume alimentato da tanti piccoli affluenti.
La conformazione delle sponde da’ forza o rallenta questo vento: dove il lago si stringe, il Tivano si fa piu’ veloce e dove c’e’ spazio, eccolo soffiare piu’ lieve.
Il lago di Como, diceva il Manzoni, e’ “tutto a seni e a golfi” ed il Tivano, “a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli”, qua e la’ spira piu’ potente oppure si limita alla fresca carezza di una brezza mattutina.
Peraltro la sua docile natura e’ insita nel nome stesso, che si pensa provenire dal francese “petit vent”, vento leggero, diventato poi in dialetto “Tivan” e quindi italianizzato in “Tivano”.
La natura riequilibra sempre se’ stessa; l’aria discesa dal nord giunta sulla pianura trova climi piu’ miti e temperature piu’ elevate; si dilata, prende forza e, di buona lena, cerca di tornare ad occupare le posizioni lasciate al mattino presto.
Ecco la Breva, che compare non appena cala il Tivano e puo’ durare fino al tramonto, soffiando verso l’alto lago, dapprima con una “botta” robusta di vento, quella che scardina la bolla di aria calda cosi’ come accade in un palloncino che scoppia e poi piu’ dolcemente, quasi meditabonda, come la defini’ Alfredo Chiappori, facendone la metafora del destino umano, lieve ed inafferrabile come una brezza.
Di questa alternanza nord sud si sono avvalsi per secoli gli abitanti del lago, che scendevano al mattino verso Como sui comballi spinti dal Tivano per operare i loro commerci, lasciandosi poi trasportare dalla Breva nel pomeriggio verso casa.
Un equilibrio di venti che ha influenzato i traffici, i movimenti e la cultura stessa del Lario, come dice Davide Van de Sfroos:

Breva e Tivann. Breva e Tivaann,
i tiren e i molen e i te porten luntan.

 Purtroppo l’uomo nel corso degli anni, ma soprattutto negli ultimi decenni, ha saturato l’atmosfera di energia, oltre che di ogni altra possibile porcheria e questo sta sconvolgendo gli equilibri naturali che si sono avvicendati nei millenni.
Anche il perpetuo tira e molla di Breva e Tivano e’ oggi spesso alterato da venti che fino a pochi decenni fa comparivano molto di rado sulle acque lariane, ma che oggi soffiano con frequenza e con intensita’ spesso inaudite.
La recente tromba d’aria che ha funestato il Ferragosto, la violenza dei temporali e delle grandinate e la “tropicalizzazione” del clima della nostra citta’, sono manifestazioni evidenti del fatto che qualcosa e’ cambiato sopra le nostre teste.
Sebbene non del tutto estranei al nostro territorio, questi fenomeni atmosferici oggi si presentano con preoccupante frequenza.
L’osservatorio meteorologico di Como ci informa che nel 2007 sono stati ben trentacinque i giorni caratterizzati dal foehn, il forte vento del nord, un fenomeno che compare quando l’aria, incontrando la dorsale settentrionale delle Alpi, viene spinta a salire.
Cosi’ facendo l’aria si raffredda di circa un grado centigrado per ogni cento metri di quota guadagnata e, ovviamente, perdendo temperatura si condensa, diventa piu’ pesante e tende percio’ nuovamente a ricadere.
Avendo raggiunto quote tali da non essere piu’ arginata dall’arco alpino e spinta dalla sovrapressione presente sul lato nord delle montagne, questa enorme massa d’aria, invece di ridiscendere verso il punto di origine ce la fa a scollinare, ad intrufolarsi attraverso valichi e vallate e a raggiungere le nostre aree sotto forma di vento violento, capace in certe occasioni di superare i cento chilometri l’ora.
Dato che io non sono un meteorologo, che il vento lo studia e lo comprende, ma solo un povero pilota che il vento lo subisce, non voglio azzardare ipotesi che poco avrebbero di scientifico; tuttavia mi risulta fin troppo facile immaginare che il riscaldamento del pianeta abbia messo lo zampino nell’aumento della frequenza del favonio, nonche’ della maggiore frequenza e violenza dei temporali, delle grandinate e di tante altre manifestazioni atmosferiche.
Quel popo’ di energia presente oggi nell’atmosfera, ne sarei certo, da’ sicuramente una mano al rimescolamento delle masse d’aria e allo sconvolgimento dell’ordine naturale delle cose.
Non possiamo stare a guardare: una volta i generi di importazione piu’ frequenti a Como erano la cioccolata e le sigarette provenienti dalla vicina Svizzera, mentre per quanto riguarda i venti, oltre ai gia’ citati Breva e Tivano, ci accontentavamo di prodotti locali, come il Menaggino, assai temibile durante i temporali, il Revultun, che faceva rapidamente rientrare alla base i pescatori, il Fiaa de San Vincenz, che soffiava dal Legnone, il Garzenasc o Vent da Dong, gioia dei velisti dell’alto lago e tutta una serie di altri venti locali dai nomi pittoreschi.
Oggi invece la presenza piu’ frequente e’ un vento di importazione nord europea, il foehn, appunto e, come per la cioccolata o le sigarette, anche questo “bene” siamo andati a cercarcelo in quantita’ superiore a quanto stabilito dalla Natura, ma non facendo lunghissime code alla dogana di Chiasso, bensi’ introducendo ogni ben di Dio nell’atmosfera.
Non credo che questo mondo e questo clima sia esattamente cio’ che vogliamo lasciare in eredita’ ai nostri figli e nipoti; non stiamo facendo certo una bella figura con loro... Abbiamo ricevuto un pianeta pulito e lasciamo una pattumiera, al suolo, in mare e nell’atmosfera.
Prima di invocare l’ignavia delle istituzioni, l’inefficacia del protocollo di Kyoto e tante altre cose piu’ grandi di noi, cosa ne pensate, visto che i governanti sembrano stropicciarsene, se cominciassimo tutti a metterci di buona lena e fare qualcosa di concreto?
Se provassimo per esempio ad usare meno l’auto, a fare qualche passo di piu’, a spegnere la luce, a sprecare di meno, a riciclare il riciclabile? Io dico che potrebbe funzionare!
Siamo in tanti e possiamo farcela, in barba ai governi, ai protocolli e a chi non li vuole o non li sa applicare; almeno proviamoci!
In fondo, questo e’ l’unico pianeta che abbiamo!