Influenza, vaccini e Sport


Giorgio Rizzi
Pubblicato su "Il Medico sportivo" n. 4 - 2002 (22-23)



Lo sport influenza in grande misura gli atteggiamenti domenicali di milioni di italiani, nonche' i discorsi del lunedi' mattina in buona parte degli uffici, ma non e' di questo tipo di influenza che vogliamo parlare, bensi' di quella malattia che, almeno una volta l’anno, fa piombare nel caos scuole e mondo del lavoro, bloccando a letto migliaia e migliaia di persone con febbre, dolori articolari e problemi a carico dell’apparato respiratorio.
Non disponendo a tutt’oggi di alcuna terapia in grado di curare efficacemente l’infezione da virus influenzale, e dovendosi limitare all’uso di farmaci sintomatici, da tempo si cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica affinche' venga praticata la vaccino-profilassi, unico vero strumento in grado di proteggere contro l’influenza.
L’influenza rappresenta in effetti una patologia da non prendere alla leggera, sia dal punto di vista strettamente medico-sanitario, sia per quanto riguarda gli aspetti socio-economici ad essi legati. Un recente studio stima che negli Stati Uniti si verifichino annualmente dai 17 ai 50 milioni di casi di malattia, con 314.000 ricoveri ospedalieri e circa 20.000 decessi (1) per le complicanze che colpiscono in modo particolare anziani e soggetti a rischio per concomitanti patologie respiratorie, cardiovascolari ecc.
In definitiva e' possibile imputare all’influenza un numero di decessi superiore a quello determinato da qualsiasi altra patologia prevenibile con un vaccino. (2)
Oltre agli anziani, nei quali per motivi anagrafici si assiste ad un fisiologico decadimento delle funzioni immunitarie, i bambini e altri soggetti presentano un elevato rischio di complicanze, di ospedalizzazione e di morte.
I costi correlati all’influenza sono decisamente elevati, sia per quanto riguarda l’assistenza medica e ospedaliera, sia per cio' che attiene alle giornate lavorative perdute.
Nella fascia di eta' compresa tra i 18 e i 64 anni, all’interno della quale si trova la maggior parte della forza lavoro, sino ad un 25% (2) dei soggetti contrae ogni anno l’influenza, con assenze dal lavoro variabili da 0,8 a 4 giorni di lavoro: e’ stato calcolato che solamente negli Stati Uniti vanno perduti circa 70.000.000 di giorni lavorativi l’anno. (2)
E' chiaro che una adeguata profilassi operata mediante il vaccino puo' radicalmente cambiare i dati sopra riportati, ed a tal proposito il nostro Ministero della Salute raccomanda fortemente la vaccinazione in tutte quelle categorie di soggetti maggiormente esposti a rischio di complicanze (p.e. soggetti di eta' superiore ai 64 anni, portatori di patologie respiratorie, cardiache, patologie metaboliche croniche, etc.) oppure a maggior rischio di contagio (p.e. soggetti immunodepressi, operatori sanitari, etc.)
E' stato ampiamente dimostrato che la vaccinazione riduce l’impatto della malattia negli adulti sani del 70/90%, le visite mediche del 34/44%, l’uso di antibiotici del 25%(2) con un risparmio medio per ogni soggetto vaccinato variabile tra i 123,69 e i 108,34 euro, solo per quanto riguarda le spese mediche, secondo una simulazione relativa alla regione Liguria. (1)
In piu' va considerato che nei pazienti vaccinati si nota una riduzione delle assenze dal lavoro del 32/45%(2) con i conseguenti vantaggi sul piano della produttivita' individuale.
Fatta questa premessa, e' importante rilevare che esiste una categoria di lavoratori del tutto particolare, che risulta particolarmente esposta al rischio di contagio influenzale e la cui assenza dal lavoro puo' ripercuotersi in maniera determinante sui risultati e sul fatturato della “azienda” nella quale opera: ci riferiamo ovviamente agli sportivi professionisti.
Naturalmente l’assenza di uno sportivo puo' avere effetti pesanti all’interno di una squadra e questi effetti sono proporzionalmente piu' evidenti in funzione della notorieta' del giocatore e del suo ruolo.
Una squadra che si presentasse ad una competizione priva di un uomo chiave, non solo vedrebbe le potenzialita' di vittoria decisamente compromesse, ma rischierebbe di annoverare un numero decisamente ridotto di spettatori, con un notevole danno economico.
Da un punto di vista medico bisogna infatti considerare che l’attivita' agonistica ai massimi livelli professionali comporta un continuo stress, sia di ordine emotivo che muscolare.
Nella fase post esercizio fisico si nota come il sistema immunitario registri un calo generalizzato di tutte le sue attivita'; questo fenomeno viene definito come “open window”. (3)
Questo fenomeno viene rilevato anche in altre condizioni di stress fisico, quali la chirurgia, le ustioni, i traumi, l’infarto miocardico acuto e le infezioni severe (3).


E' interessante notare come, sia l’esercizio fisico di lieve intensita' o durata, sia esercizi piu' intensi e prolungati sono in grado di mobilizzare i linfociti nel sangue, ma solo sforzi prolungati e/o di elevata intensita' producono immunosoppressione nella fase post esercizio. (3)
Per esercizio prolungato si intende quello di durata superiore all’ora e per esercizio di elevata intensita' quello superiore al 70% VO2 max. (Massima Capacita' Aerobica). (3)
Anche lo stress psichico gioca un ruolo importante nella riduzione delle funzioni immunitarie; e' noto che il sistema immunitario risponde allo stress aumentando il rilascio da parte dei leucociti di citochine e di interleuchine 1,2 e 6, che coordinano la risposta immunitaria e stimolano la sintesi ed il rilascio di Corticotropin-Releasing Factor da parte dell’ipotalamo e di noradrenalina dal Locus Coeruleus. (4)
Si e' osservato come una elevata concentrazione ematica di catecolamine, adrenalina e noradrenalina corrisponda alle fasi di maggiore mobilizzazione linfocitaria, mentre l’ipercortisolemia successiva e la concentrazione di interleuchine 1,2 e 6 sia corrispondente alla riduzione della concentrazione linfocitaria. (4)
Dal punto di vista prettamente clinico, il rischio di infezioni delle vie aeree superiori varia in funzione dell’attivita' fisica e risulta minimo in concomitanza ad attivita' fisica moderata e piu' elevato nei soggetti che non svolgono attivita' fisica o che, al contrario sono sottoposti ad attivita' intensa.
Nell’atleta professionista, questo fatto si correla alla depressione immunitaria post sforzo prolungato, precedentemente definita come “open window”. (3)
Appare evidente pertanto che, no-nostante i fisici invidiabili e uno stile di vita assolutamente salutare, i calciatori fanno parte della categoria dei soggetti a rischio per quanto riguarda eventuali complicanze dell’epidemia influenzale, situazione aggravata anche da alcuni aspetti particolari della loro attivita', quale la promiscuita' nello spogliatoio, l’utilizzo comune delle docce e conseguente possibilita' di diffusione del virus per via aerosolica e la frequenza con la quale essi si trovano in ambienti chiusi ed affollati, come gli studi televisivi o i locali presso i quali la loro presenza attira un gran numero di persone.
Volutamente sorvoliamo in queste righe sulla possibilita' che un’ulteriore immunodeficienza possa essere secondaria all’uso di sostanze farmacologiche non ammesse, perche' il discorso si farebbe troppo lungo e decisamente meno piacevole.
Quello che invece vogliamo rimarcare e' che un atleta con un adeguato livello immunitario e' meno suscettibile agli episodi infettivi ed in definitiva maggiormente performante; cosi' come medici di squadra ed allenatori lavorano sodo per migliorare la struttura muscolo scheletrica del giocatore e renderlo meno esposto ad infortuni ed in grado di fornire una migliore prestazione, altrettanta attenzione deve essere posta per quanto riguarda le difese organiche.
Affiancato ad un valido programma di allenamento che eviti carichi di lavoro eccessivi o tempi di recupero troppo limitati, il vaccino antinfluenzale puo' essere di grande aiuto nell’attivita' di un calciatore professionista, per evitargli stop durante la stagione e consentirgli di svolgere al meglio la sua attivita' sportiva.
I primi vaccini, risalgono agli anni sessanta, periodo in cui furono resi disponibili preparati a VIRUS INTERO INATTIVATO. Si trattava di vaccini capaci di presentare gli antigeni in modo naturale, assicurando quindi una risposta immunitaria ottimale. Sfortunatamente l’elevato contenuto di componenti virali rendevano questi vaccini alquanto reattogeni, ragion per cui verso la meta' degli anni ‘90 furono abbandonati per essere sostituti con i prodotti maggiormente purificati. La ricerca farmaceutica infatti, puntando ad una maggiore tollerabilita' sviluppo' i vaccini di tipo split e a sub-unita': in entrambi i casi vi e' un minor contenuto di componenti virali capace di garantire una maggior tollerabilita’ del prodotto, tuttavia la presentazione degli antigeni risulta essere sub-ottimale e per tal motivo l’immunogenicita' risulta ridotta.
E' chiaro che una simile soluzione non appariva ottimale e pertanto la ricerca si rimise al lavoro per trovare una nuova strada da seguire orientandosi verso lo sviluppo di nuovi vaccini adiuvati piu' potenti ed ancor meglio tollerati dei vaccini convenzionali.
A tal proposito la piu' recente acquisizione e' rappresentata dal vaccino adiuvato virosomale, nel quale gli agenti virali sono incorporati nel doppio strato lipidico di liposomi, particelle totalmente biocompatibili, e quindi riconosciute come “naturali” dall’organismo del ricevente. I virosomi si formano per idratazione dei fosfolipidi e consentono al vaccino di ottenere un effetto immunogenico superiore grazie all’ottimale presentazione dell’antigene, pur assicurando la massima tollerabilita'.
Il vaccino virosomale si distingue per efficacia e tollerabilita' e consente di ottenere un’adeguata copertura immunitaria in pazienti di ogni fascia di eta' e condizione fisica, ivi compresi i bimbi sotto i dodici anni, gli anziani, i pazienti immunocompromessi o comunque defedati.



Bibliografia:
1) Gasparini R. et al.
Pharmacoeconomic Issues in Vaccines 2002: 1-9
2) Pregliasco F.
Vaccino antinfluenzale adiuvato virosomale - Ed. Adis Intl
3) Pedersen B.K.
Summer Course European Academy of Allergology and Clinical Immunology (EAACI) - Roma 15/09/2000
4) Cannizzaro G. et al.
Il Nuovo Anestesista Rianimatore 1999 - 6