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e ad un tratto capii che non sarei più stato lo stesso uomo di
prima...
Quelle
là fuori erano ali per davvero, quella che stringevo tra
le
mani era veramente una cloche, il rombo che sentivo era proprio quello
di un’elica,
sotto di me c’era il vuoto e sopra, soltanto il cielo.
Per la prima volta ero solo su un aereo; mio il cervello che lo
gestiva, mie le mani che muovevano i comandi, miei gli occhi che
osservavano
gli strumenti, mia la voce che parlava per radio, mie e soltanto mie le
decisioni e miei gli eventuali errori con il relativo prezzo da pagare.
Quale impegno, quali fatiche, quali sacrifici e quali sforzi avessi
compiuto per arrivare fino a quel punto non avevano importanza alcuna;
era
giunto il mio turno di essere un pilota e quel volo, il primo volo
senza un
istruttore a bordo era un passaggio imprescindibile per guadagnare
l’aquiletta
dorata da mostrare orgoglioso sul petto.
Volavo, volavo per davvero, volavo tutto solo, anzi, volavamo insieme
l’aereo ed io.
Lui si fidava di me ed io di lui; lui forniva trazione e portanza, io
amministravo queste ricchezze in modo da rendere il volo liscio e
sicuro e
insieme vivevamo quest’attimo, che mi cambiava di dentro più di ogni
altro
momento della vita.
Durò solo pochi minuti e poi fummo entrambi felici e soddisfatti al
suolo, lui, l’aereo, a godersi il meritato riposo, io, l’uomo, a
riprendermi
dall’ubriacatura di felicità e dallo sfinimento della concentrazione;
da quel
momento saremmo stati uniti per sempre per avere condiviso quest’attimo
irripetibile.
Non sapevo, allora, che una lacrima mi sarebbe scivolata lungo le gote
molti anni dopo, sapendo che la manovra di un pilota maldestro aveva
segnato la
fine del compagno di quel primo volo; un’altra lacrima mi sarebbe
spuntata negli
occhi resomi conto che lui aveva concluso con un atto di clemenza la
sua
carriera di aereo generoso, lasciando che il collasso della propria
struttura
permettesse all’occupante di uscirne ferito solo nell’orgoglio.
Perché abbia cominciato a volare non lo so; perché continui a farlo,
neppure.
Lassù c’è qualcosa che aspetta da sempre tutta la gente dell’aria; che
si voli per scopi civili, militari o per il puro piacere di farlo,
nulla
cambia.
Andiamo per aria perché quello è il nostro posto, andiamo per aria
perché solo lì stiamo davvero bene e perché, come disse il grande
Leonardo,
“chi
ha provato il volo camminerà guardando
il cielo, perché là è stato e là vuole tornare”.
L’appartenenza
alla gente dell’aria può essere evidente fino dai
giochi di bambino, o può essere latente e dissimulata dai casi della
vita, ma
ciò che è certo è che questa condizione non mancherà un giorno di
manifestarsi
e di portarci in volo.
Se siamo gente dell’aria la cosa certa è che voleremo, come piloti
civili o militari, piloti professionisti o sportivi, con un elica
davanti o
senza neppure un motore, appesi ad un paracadute o ai comandi di un
jet, ma
nulla è più certo del fatto che un giorno staccheremo l’ombra da terra.
Come
comincerà, nessuno può dirlo, ma un giorno, inevitabilmente,
comincerà.
Forse
sarà proprio per avere letto fino in fondo queste
righe…
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