Il volo pertosse
Considerazioni in liberta' su una pratica
a mezza strada tra scienza e leggenda


Giorgio Rizzi
Pubblicato su "Il Medico sportivo" n. 5 - 2002 (10-11)


A chi, come lo scrivente, capita di occuparsi sia di medicina che di volo, un po’ picchiettando sulla tastiera di un Mac e un po’ cercando di gestire al meglio la cloche di un aereo, capita talvolta di trovarsi di fronte a mamme preoccupate e a bambini tossicchianti ai quali il pediatra ha consigliato, come extrema ratio, di compiere un volo in alta quota, per provare a ridurre o cancellare la sintomatologia della pertosse.
Episodi del genere sono piu' frequenti di quanto si penserebbe ed e' sorprendente il fatto che talvolta i giovani aspiranti ad un precoce battesimo del volo siano inviati in aeroporto non da un vecchio pediatra di paese con tanto di barba bianca, ma da giovani specialisti cresciuti tra PubMed e computers.
Sara' la voglia di diverso, sara' la sfiducia nella medicina tradizionale, che si sta infiltrando piano piano anche nella classe medica creando varchi per tutto quell’alternativo-naturalistico che va oggi cosi' di moda in campo sanitario, ma resta il fatto che sono tanti i piloti i quali, sotto sotto, si augurano che nel prossimo week end Santa Bordetella Pertussis porti in aeroporto un piccolo paziente da scarrozzare per le vie del cielo.
Come e' noto, la Bordetella Pertussis, un coccobacillo gram-negativo, piccolo, non mobile, trasmesso nell’aria da parte del paziente durante lo stadio catarrale e parossistico, e' causa di non pochi guai tra i bambini, con un’incidenza di circa il 38% di casi nei lattanti, ove gli esiti possono essere infausti e comunque le complicanze gravi non infrequenti.
La Bordetella Pertussis appartiene alla classe degli aerobi obbligati ed e' probabilmente questa caratteristica ad avere suggerito in passato che un’ipossia provocata dall’altitudine potesse portare alla eliminazione del bacillo.
In realta' e' noto come la sintomatologia sia provocata dalla tossina pertossica e non dal battere stesso, per cui l’eliminazione del medesimo non comporta alcun vantaggio dal punto di vista sintomatologico, salvo in caso di trattamento precoce, ma non e' questo il caso dei piccoli pazienti candidati al volo, che sono per la maggior parte in fase di convalescenza.
Diverse strade sono state percorse in passato per dare una dignita' medico scientifica ai miglioramenti sintomatologici che non di rado si sono notati in pazienti sottoposti al “volo pertosse”, non ultimo l’effetto placebo, ma in realta' non si e' mai pervenuti con assoluta certezza ad una dimostrazione di un razionale scientifico alla base di quanto sopra, nonostante siano sono state formulate alcune ipotesi quanto meno suggestive.
La produzione di tossine e' una delle componenti principali del potere patogeno di un battere, della sintomatologia e del danno provocato all'organismo ospite.
La tossina pertossica e' una esotossina il cui bersaglio e' una una proteina legante nucleotidi guanilici che regola l’attivita' dell’adenilato ciclasi, l'unita' catalitica presente nella membrana cellulare che trasforma l'ATP in AMP ciclico.
Due proteine sono alla base del controllo dell’adenilato ciclasi: la proteina Gs mediante un’azione di stimolo e la proteina Gi che ha un’azione inibente.
In condizioni particolari, la tossina della pertosse, attraverso una ADP-ribosilazione della proteina Gi blocca l'inibizione dell'adenilato ciclasi con conseguente aumento della produzione di AMP ciclico.
Tra le varie attivita' biochimiche, l’AMP ciclico e' il piu' importante modulatore del bilancio del calcio a livello intracellulare, ed e' alla base dei meccanismi che regolano la conduttanza dei canali del calcio nelle cellule muscolari.
Come risultato dell’attivita' dell’AMP ciclico, piu' calcio puo' entrare nella cellula ed aumentarne la forza contrattile.
Inoltre l’AMP ciclico, tramite l’azione sulla protein-kinasi A (PKA) e la successiva fosforilazione delle proteine bersaglio, porta ad una attivazione della pompa del calcio a livello del reticolo sarcoplasmatico e ad un conseguente aumento dell’accumulo di calcio a livello intracellulare.
Alcuni autori (Ogawa et al.) hanno potuto documentare come la permeabilita' endoteliale indotta dall’ipossia sarebbe secondaria ad un abbassamento dei livelli cellulari di AMP ciclico; altri autori (Leon-Velarde et al.) annotano come l’ipossia abbia un effetto di riduzione della stimolazione dell’adenilato ciclasi.
In altre parole sarebbe possibile attribuire all’ipossia indotta da altitudine un effetto in qualche modo antagonizzante di alcune delle azioni proprie della tossina pertossica.
La teoria e' pero' opinabile, alla luce del meccanismo d’azione di alcuni broncodilatatori, quali la teofillina, che, inibendo la fosfodisterasi, agiscono invece proprio aumentando le concentrazioni intracellulari di AMP ciclico.
Un’altra possibilita' e quella che la maggiore permeabilita' endoteliale secondaria alla ipossia e alla diminuzione di pressione atmosferica provochi un maggiore rilascio di liquidi nel lume bronchiale, con conseguente effetto mucolitico e sedativo della tosse.
Molti farmaci secretodinamici mirano a questo risultato, ad esempio quelli che, stimolando le cellule sierose delle ghiandole miste bronchiali a produrre acqua, ottengono un’intima idratazione del muco e ne causano cosi' la fluidificazione; inoltre alcune mucine idrofile, le sialomucine, grazie alla presenza dell’acido sialico svolgono un’azione antiinfiammatoria e contribuiscono quindi ad alleviare la sintomatologia spastica e la tosse.
Ancora una volta si puo' obiettare che l’accumulo di AMP ciclico nelle cellule della mucosa broncopolmonare dovuto all’azione della tossina pertossica, porterebbe gia' di per se' ad una alterazione del passaggio di acqua ed elettroliti nella membrana cellulare e quindi ad un maggiore rilascio di liquidi.
Lo stesso meccanismo e' peraltro alla base della sintomatologia colerica, nella quale una tossina strettamente imparentata con quella pertossica, rilasciata dal Vibrio Cholerae, fa si' che a livello intestinale vengano diffuse notevoli quantita' di liquidi, con la conseguente tipica sintomatologia diarroica e disidratativa tipica del colera.
Anche se piu' spettacolare, l’effetto della tossina colerica o enterotossina e' similare a quello della tossina pertossica, con l’unica differenza di agire a livello della proteina Gs, bloccandola in posizione attivata e quindi favorendo la sintesi di quantita' enormi di AMP ciclico.
Peraltro, la sensibilizzazione all’istamina, uno degli effetti piu' tipici della tossina pertossica, potrebbe gia' di per se' portare a vasodilatazione ed aumento della permeabilita' endoteliale, con conseguente rilascio di liquidi.
Un’altra ipotesi che puo' essere considerata e' quella di una risoluzione dell’ostruzione a livello bronchiolare mediato dalla riduzione della pressione atmosferica, supportata anche dall’osservazione di miglioramenti temporanei riportati da pazienti asmatici dopo salita in quota.
Non e' neppure escludibile a priori che un certo drenaggio operato dalle variazioni pressorie a livello delle vie aeree possa contribuire ad un miglioramento sintomatologico.
Altri meccanismi d’azione sono stati descritti in passato, quali una possibile azione a livello dei recettori b2 o di alcuni neurotrasmettitori, nessuno completamente convincente, nessuno completamente da scartare.
Come si vede ce n’e' abbastanza per accontentare fautori e detrattori di questa pratica anche se teniamo a precisare che le teorie sopra esposte sono state riportate solo a livello di curiosita', senza volere dare ad esse alcuna dignita' scientifica, soprattutto perche' molti dei meccanismi biochimici e fisiologici sopra descritti possono apparire un po’ stiracchiati per i capelli e fare storcere il naso a qualche esperto del settore.
Forse una sperimentazione piu' approfondita avrebbe potuto validare o screditare in maniera definitiva questa pratica e, nel caso di validazione, definire in maniera precisa i protocolli da applicare.
In mancanza di profili di missione ben pianificati infatti, i voli pertosse vengono oggi effettuati secondo le esperienze pregresse dei piloti o secondo le indicazioni del pediatra.
La diffusione della vaccinoterapia e la comparsa di antibiotici decisamente efficaci hanno dirottato gli orientamenti terapeutici verso questi presidi, con risultati clinici assolutamente soddisfacenti; e' altresi' probabile che le enormi potenzialita' dell’industria farmaceutica abbiano virato la ricerca verso lo studio e la sperimentazione clinica di nuovi farmaci, assorbendo il tempo e l’interesse dei ricercatori.
Non a caso dopo i primissimi anni novanta non si trova praticamente piu' nulla in letteratura riguardo il trattamento della pertosse mediante ipossia indotta.
I moderni farmaci e vaccini consentono un’efficace prevenzione e trattamento della malattia, con l’unico limite di dovere somministrare l’antibiotico in fase precoce, cioe' nella fase catarrale quando la diagnosi clinica di pertosse e' ancora difficile.
Dopo la comparsa della fase parossistica, l’antibiotico non ha piu' grande efficacia, poiche' la tossina pertossica e' ormai presente e continua a sortire i propri effetti anche in caso di eradicazione batterica.
Comincia spesso una lunga sequela sintomatologica, che vede l’utilizzo di diversi farmaci, tra i quali i sedativi della tosse, i cortisonici, i broncodilatatori; anche se in media la durata della convalescenza non va oltre le due, tre settimane, non sono pochi i pazienti nei quali, nonostante il trattamento farmacologico, la sintomatologia permane fastidiosamente presente per lungo tempo, talvolta per qualche mese .
Questo e' il bacino di utenza all’interno del quale si trovano la maggior parte dei potenziali candidati al volo pertosse; piu' di un pediatra, un po’ sollecitato da genitori ansiosi, un po’ sentendosi impotente per il parziale insuccesso della terapia, un po’ smanioso di provare nuove strade, invia il paziente presso il locale aeroporto, sperando che ancora una volta i rimedi della nonna si rivelino piu' efficaci della medicina ufficiale.
In linea di principio non vi sono controindicazioni al portare un bimbo anche di pochissimi anni di eta' a bordo di un piccolo aereo; naturalmente il pediatra dovra' accertare che non vi siano patologie in atto a carico delle prime vie aeree, dell’orecchio medio e dei seni paranasali. Una volta ben superata la fase catarrale e in assenza di altri sintomi e segni che possano rendere la pratica sconsigliabile, non sussistono altre controindicazioni nei confronti del volo.
Come gia' detto non vi sono protocolli che stabiliscano il miglior profilo di volo e molto e' condizionato al tipo di aeromobile disponibile; la pratica comune e' quella di effettuare una salita il piu' rapidamente possibile fino a quote gravitanti intorno ai 7.500 piedi (2.286 metri), seguite da una permanenza in quota di circa 15/20 minuti ed una discesa sollecita ma non violenta, onde favorire una ricompressione delle vie aeree progressiva e non fastidiosa.
E’ sconsigliabile salire a quote superiori; la pressione parziale di ossigeno diminuisce in modo esponenziale con l'aumentare della quota e a 7.500 piedi e' gia' possibile un’adeguata esposizione all’ipossia senza innescare fenomeni collaterali quali tachicardia e tachipnea che, se in un soggetto giovane e sano possono tranquillamente essere sopportati per qualche minuto fino alla soglia dei 12.000 piedi (3.657 metri), possono invece creare problemi a quote ben inferiori in un bimbo, specie se convalescente da una patologia respiratoria.
Dal punto di vista prettamente legale, e' bene ricordare che un volo di questo genere, come qualunque volo a pagamento, rientra nel cosiddetto “trasporto pubblico passeggeri”, cioe' nella fascia di voli che instaurano un contratto di prestazione d’opera tra passeggero e societa' di lavoro aereo o aero club.
Si tratta quindi di un volo che, almeno in Italia, puo' essere effettuato esclusivamente presso strutture abilitate a questo tipo di lavoro aereo e da piloti professionisti; solo in questo caso il volo si svolge nei canoni della legalita' e nel malaugurato caso di un incidente si otterra' un’adeguata copertura assicurativa.
Diversa e' la situazione in altri paesi europei, ad esempio la vicina Svizzera, dove anche un semplice pilota sportivo puo' effettuare voli a pagamento, purche' da essi non tragga lucro ma solo la copertura delle spese di volo, semplicemente emettendo dei biglietti di passaggio che garantiscono nel contempo l’attivazione di una assicurazione temporanea con massimali di tutto rispetto.
Il pilota, in veste di comandante dell’aeromobile, ha diritto di richiedere un certificato medico che attesti l’idoneita' del passeggero al volo ed e' pertanto consigliabile che il pediatra munisca il paziente di questo documento.
Naturalmente almeno uno dei genitori dovra' accompagnare il bimbo in volo e questo fatto deve essere valutato con grande attenzione, per evitare che il paziente percepisca un eventuale stato di timore del papa' o della mamma, probabilmente anch’essi alla prima esperienza di volo su un aereo leggero; se, come molti sostengono, il volo pertosse sortisce solo un effetto placebo, e' indispensabile che il bimbo si trovi di fianco ad un genitore tranquillo e rilassato, che gli consenta di godere di questa esperienza nel migliore dei modi e che lo rassicuri, dicendogli che dopo il volo si sentira' sicuramente meglio.
Rivolgendosi ad una societa' di lavoro aereo qualificata, sara' facile avvalersi della consulenza di professionisti che, per un costo non superiore a quello di una visita specialistica o di qualche trattamento medico alternativo, accompagneranno in volo con sicurezza genitore e bambino, evitando accuratamente giornate metereologicamente non idonee a persone non avvezze al volo, nonche' l’esecuzione di manovre che potrebbero risultare fastidiose ai passeggeri.
Puo' darsi che il bimbo scenda dall’aereo tossendo come prima, forse stara' meglio, forse, come un piccolo che ricordiamo con simpatia, non fara' piu' un colpo di tosse e pestera' i piedi per tornare in aereo, trascinando la madre ormai sull’orlo del collasso nervoso, dopo avere eroicamente sorriso per tutto il tempo in cui era stata a bordo...
Un buon esempio di pseudomedicina ispirata alle parole di Ippocrate “Primum non nocere”: nella peggiore delle ipotesi, se proprio il paziente non traesse beneficio alcuno, di certo avra' un’esperienza in piu' da riporre nel carniere della vita e un genitore piu' tranquillo per avere tentato anche questa strada per fare stare meglio il piccolo.
Quanto all’incidenza di effetti collaterali, intesi come sicurezza del volo, molti lavori di confronto con placebo, cioe' con lo stare a terra, magari in auto, dimostrano l’assoluta superiorita' del mezzo aereo.
Ovviamente non si tratta di lavori in doppio cieco, ma questa pratica e' sconsigliabile se si tratta di volare in sicurezza...
La significativita' statistica non ci sovviene, ma ci deve essere una “P” con sette o otto zero dopo; provare per credere!



Bibliografia

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