Dedicato a Yara

Giorgio Rizzi
Pubblicato su "Como e dintorni" n. 86 - maggio 2011




I riflettori si stanno lentamente spegnendo sul caso di Yara, la ragazzina del bergamasco recentemente rapita ed uccisa; d’altronde il mondo ed i suoi abitanti sono troppo efficienti nel produrre catastrofi,  disgrazie e morti ammazzati perche’ la nostra attenzione possa restare a lungo focalizzata su un unico episodio, per quanto tragico, spaventoso e vergognoso per il genere umano.
La vita ci costringe ad abituarci con grande rapidita’ a situazioni ed a fatti che solo il giorno prima avremmo giudicato insostenibili e con i quali il giorno dopo scopriamo di potere convivere con disinvoltura.
Le torri gemelle erano in piedi ed adesso non ci sono piu’, gli tsunami spazzano via case e persone, le centrali atomiche saltano per aria, le guerre ci arrivano sotto casa, la gente si uccide con desolante ripetitivita’ e tutto in un attimo diventa parte del vissuto, senza darci neppure il tempo di ragionarci sopra e di trarne il debito turbamento; tutto va avanti come prima e l’interesse torna velocemente ad essere catalizzato solo dai boati provenienti dai campi di calcio.
Del caso di Yara si parla e si parlera’ sempre meno, fatti salvi alcuni ritorni di fiamma dovuti alle indiscrezioni che potranno filtrare da questo o da quell’altro investigatore, da questo o da quell’altro magistrato ed il ricordo di cio’ che accadde a quella povera bimba andra’ piano piano a finire nello scaffale della memoria dove sono riposte le cose delle quali avremmo volentieri fatto a meno.
Per qualcuno invece il domani non sara’ piu’ lo stesso: non e’ difficile immaginare quale strazio sia piombato nei cuori dei genitori di Yara, seppure mai ostentato in pubblico in ossequio alla riservatezza delle genti che popolano i monti e le vallate del nord Italia; ne’ il tempo, ne’ le parole di conforto, ne’ le frasi fatte delle personalita’ potranno mai restituire loro la serenita’ di giorni ormai irrimediabilmente perduti.
A queste persone cosi’ duramente toccate rimane ben poco: la pieta’ di qualcuno e la speranza che la giustizia sia amministrata con celerita’ e correttezza, il minimo che una societa’ civile deve garantire per evitare il ripetersi di situazioni che gia’ troppe volte abbiamo visto andare in scena.
Eppure nessuno si meraviglia piu’ se i processi si protraggono per anni, o se giovani killer della strada tornano tranquillamente a piede libero pochi giorni dopo avere causato terribili stragi, per colpa dell’alcool o delle altre sostanze chimiche che avevano nelle vene al posto del sangue.
Come dicevamo prima, ci si abitua a tutto, al punto di non riflettere neppure quando citiamo luoghi comuni che dovrebbero invece essere motivo di profonda analisi critica; quante volte, ad esempio, abbiamo detto o sentito dire che al giorno d’oggi solo i disonesti ed i criminali sembrano avere dei diritti, mentre alla gente per bene arrivano soltanto calci nel didietro?  
Un segnale positivo, tuttavia, ci viene dalle cronache di questi giorni: la giustizia ha recentemente dimostrato di muoversi con la dovuta celerita’ e questo alimenta la speranza che, una volta identificato, il colpevole dell’orribile gesto sara’ velocemente giudicato e condannato con l’inflessibilita’ che si deve ad un simile misfatto.
D’altra parte, se si riesce ad imbastire un processo in pochissime settimane per giudicare e legittimamente condannare, se riconosciuti colpevoli, presunti o pretesi bungabunghisti, che si sarebbero intrattenuti con presunte o pretese minorenni, probabilmente consenzienti ed altrettanto probabilmente ben ricompensate per la loro compagnia, non si immagina neppure che non si possa istruire con la stessa celerita’ il procedimento che dovra’ comminare la giusta condanna a chi ha ucciso una bimba, sicuramente minorenne ed altrettanto sicuramente non consenziente, che in cambio del suo corpo martoriato non ha avuto popolarita’ e ricchezza, ma solo una croce nel camposanto e un posto per sempre nel cuore di tante persone.
In una nazione che ama riconoscersi quale patria del diritto, il minimo che si possa fare e’ dimostrare che si e’ pienamente in grado di amministrare la cosa pubblica senza distinzioni di sorta, che si tratti di processare persone note, meno note, oppure comuni assassini che hanno senza pieta’ troncato la vita di una bimba, anche se la vittima proviene da una famiglia di gente qualunque e la condanna o l’assoluzione del colpevole nulla cambierebbe negli equilibri del potere.
Abbiamo l’assoluta certezza che questo avverra’ e che tutti coloro che sono coinvolti a diverso titolo nella macchina della giustizia e nell’applicazione delle leggi saranno impeccabilmente all’altezza della loro professionalita’, senza farsi condizionare da null’altro che non sia l’indiscutibile ed inviolabile principio che la legge e’ uguale per tutti.
Abbiamo l’assoluta certezza che tutti gli attori di questi procedimenti saranno all’altezza della loro professionalita’, in barba di chi vorrebbe la magistratura asservita a questa o a quell’altra ideologia, a questo o a quest’altro partito politico, a questo o a quell’altro gioco di potere.
Abbiamo l’assoluta certezza di tutto cio’, la vogliamo avere con tutta la forza di cui siamo capaci, per continuare a credere che questo paese abbia un domani e che non si corra il rischio di piombare in scenari che sono drammaticamente di attualita’.
Quello che puo’ succedere in una nazione, quando la gente si rende conto di averne davvero piene le tasche, e’ li’ da vedere appena al di la’ del mare nostrum e non puo’ accadere una tragedia peggiore di quella di dovere rivolgere bombe e cannoni contro la propria gente, per ribadire in mano di chi stia il potere, che invece dovrebbe essere solo ed esclusivamente prerogativa del popolo sovrano.
Peraltro, quando la sfiducia nelle istituzioni serpeggia in maniera tutt’altro che latente, come troppe volte accade in questa centocinquantenne nazione e quando la voglia di farsi giustizia da soli comincia ad essere qualcosa di piu’ che un modo di brontolare come un altro, bene, questo e’ il momento in cui i signori nella stanza dei bottoni comincino a dare risposte eccellenti a domande eccellenti.
In attesa di vedere come le nostre convinzioni saranno confermate da rapide ed adamantine sentenze, o da piene e motivate assoluzioni, in questo tempo pasquale che Yara non potra’ piu’ vivere, l’augurio che inviamo alla sua famiglia e’ quello di potere trovare consolazione nella certezza che la loro bimba li guarda da un luogo migliore di questo e che nessun velo di ingiustizia cadra’ ad oscurare la sua memoria.